I Cassis Faraone

Le vite di Elisa e Girolamo Bonaparte si intrecciano a Trieste con quelle dei componenti le famiglie di Antonio e Giuseppe Cassis Faraone, ricchi imprenditori e proprietari di un notevole patrimonio fondiario. E' da Antonio Cassis Faraone che Girolamo acquista la Villa dove risiede dal 1820 al 1827 ed è sull'eredità lasciata da Antonio (morto improvvisamente nel 1805) ad Aquileia che Elisa litiga con Hugues-Bernard Maret, duca di Bassano già ambasciatore e segretario di Stato di Napoleone.

LE FAMIGLIE CASSIS FARAONE

Giuseppe ed Antonio appartenevano all’antica e nobile famiglia dei Cassis Faraone, di confessione cristiano melchita, originaria dell’altopiano siriano di Hauran. Nel XV sec. la famiglia si trasferì a Damasco, dove i suoi membri acquisirono sempre più autorità e prestigio, tanto che il popolo attribuì loro l’appellativo di Pharaon, che significa “colui che ispira paura”. Giuseppe ed Antonio nacquero entrambi a Damasco; il primo nel 1721 e il secondo nel 1745. Nel 1749 la famiglia abbandonò la Siria e si stabilì in Egitto, dove i due fratelli conobbero Ali Bey, uomo di governo e politico di spicco, che introdusse Antonio al Ministero del Commercio, affidandogli incarichi di prestigio, fino ad ottenere nel 1769 la Direzione delle Dogane egiziane. Giuseppe, intanto, divenne fermiere dei diritti doganali nel porto di Damietta. L’importanza economica e politica della famiglia Cassis Faraone aumentarono rapidamente, finché divenne la maggiore referente del commercio estero in Egitto. Questo fatto permise loro di accumulare incredibili ricchezze, ma entrambi i fratelli vanno ricordati anche per la loro generosità; infatti, Antonio elargiva somme di denaro ad autorità politiche e militari ed in particolare sosteneva i siriani cristiani, mentre Giuseppe, in qualità di direttore e presidente dell’Introito e della Dogana di Damietta, oltre che responsabile del buon ordine e del regolamento della città

(era stato eletto a tale carica dal 1772 al 1784 per volontà di Maomet Bey) fabbricò una chiesa e un camposanto cattolici, pur occupandosi anche della Chiesa dei Greci scismatici e della Chiesa copta. Egli inoltre s’impegnò per riconvertire dei giovani cattolici, che si erano fatti turchi.

Antonio si fece conoscere soprattutto per le grandi capacità diplomatiche, che gli permisero di instaurare ottimi rapporti con i commercianti europei, facendolo individuare dall’Impero Asburgico come uno dei principali interlocutori nella politica d’espansione in Oriente.

Ad Antonio Cassis fu proposta da Carlo Rossetti, ricco imprenditore milanese, una compartecipazione alla Compagnia Privilegiata per il Commercio con l’Egitto, società che quest’ultimo aveva costituito a Trieste con il conte Carlo Zinzerdorf, governatore della città. L’obiettivo di questa società era di instaurare un rapporto diretto con il mercato egiziano, in modo tale da spostare il commercio con le Indie dalla via del Capo di Buona Speranza alle rotte del Mar Rosso e del Mediterraneo. Antonio Cassis accettò, acquisendo una notevole quantità d’azioni della società, che divenne la più importante a Trieste.

Il 2 luglio 1781 papa Pio VI gli conferì il titolo di Conte Palatino per la sua devozione alla sede Apostolica; due anni dopo, Giuseppe II lo elevò alla dignità di Conte del Sacro Romano Impero e, nello stesso anno, il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo gli concesse il Cavalierato di S. Stefano.

Verso la fine del Settecento, l’Egitto divenne teatro di sanguinose rivolte, che portarono il paese ad una situazione d’instabilità politica che travolse anche Antonio Cassis, il quale si vide costretto a lasciare l’Egitto.

Giuseppe Cassis, essendo venuto a conoscenza della partenza del fratello dal Cairo, si recò da Abram Bey che, rassicurandolo sulla sua sorte, lo obbligò ad accettare le cariche che erano appartenute ad Antonio. Quest’ultimo si era, intanto, rifugiato a Malta da dove spedì una lettera al fratello pregandolo di raggiungerlo. Fu così che il 15 agosto 1784 Giuseppe partì con tutta la sua famiglia.

Ma com’erano composte le famiglie dei due fratelli?

Giuseppe aveva sposato Maria (Damasco 1756- Livorno 1791), figlia di Francesco Dubane, da cui aveva avuto due figli: Michele, nativo di Monte Libano, che nell’agosto del 1798 sposò a Livorno Maria di Gantuz Cubbe e che morì nel 1820 in Egitto di peste, e Cesare Abramo, che nacque a Damietta nel 1778 e morì a Trieste il 27 agosto 1841. Antonio, invece, aveva sposato prima Varde di Giorgio Elmansuri, morta nel 1779, da cui aveva avuto due figli (Michele e Giuseppe) e poi Tecla di Moisè Gibarra o Ghebarra, da cui ebbe altri dieci figli.

Dopo varie destinazioni Antonio si stabilì definitivamente a Trieste il 21 luglio 1786 e qui divenne uno dei massimi esponenti dell’imprenditoria triestina e della nobiltà patrizia. Egli si occupava dello smercio di prodotti dall’Oriente e dell’esportazione di prodotti locali ed acquisì un notevole patrimonio fondiario sia a Trieste, dove divenne il primo proprietario dell’odierno Teatro Verdi, che nella Bassa Friulana e nell’Aquileiese, dove intraprese interventi di miglioramento della produttività e della redditività. Nel 1790 acquistò a Trieste, per farne la sua dimora, la villa Anonima di proprietà d’Ambrogio de Strohlendorf, oggi conosciuta come Villa Necker. Il 23 novembre 1805 Antonio Cassis morì dopo una breve ed improvvisa malattia all’età di 60 anni. Nel frattempo Giuseppe Cassis, dopo la partenza dall’Egitto, si era stabilito a Livorno, dove fondò una casa commerciale. Morta la prima moglie Maria, si risposò con Rosa Zulieri che gli darà altri 4 figli. Nel 1793 si stabilì con la famiglia a Trieste, dove, nel 1797 trasferì anche la sua ditta di Livorno. Due anni più tardi acquistò la casa n. 860 in piazza S. Giovanni e anche lui comprò terre nelle pertinenze di Cervignano e di San Giorgio Di Nogaro. Il 10 novembre 1798 fu nobilitato con il Cavalierato del Sacro Romano Impero. Morì a 90 anni a Trieste il 2 novembre 1811.

Suo figlio Michele fondò una casa di commercio in società con Antonio Federico Ginzel Pacifico, che lo fece fallire e poi emigrò a Vienna e cui Michele intentò un processo. Il ramo della famiglia discendente da Giuseppe Cassis Faraone in seguito si stabilì a Roma.


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